Adelo Reyer Van - Galleria Luigi Caretto

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Adelo Reyer Van

Quadri mostra
 
 
 

Van Adelo, Reyer

"Giuseppe davanti al faraone"
Olio su tela cm 125x168
Opera firmata e datata 1626

 
 
 
 

R. Van Adelo (attivo intorno al 1620-30)
Molto scarse le notizie biografiche, per lo più ricavate dalle opere firmate realizzate con certezza dall'autore. Fu un artista fortemente influenzato da Dirk Van Baburen, del quale -si ipotizza- portò a compimento diverse opere realizzate durante gli anni '20 ad Utrecht.
In lui sono evidenti anche influssi di Gherrit Van Honthorst, all'insegna di una cultura figurativa pienamente consapevole ed in linea con lo stile del così detto "Caravaggismo di Utrecht".

Provenienza: Wallraf Richartz Museum, Colonia (cat. 1941, no. 1710); vendita Sotheby 8 aprile 1984, Londra; Collezione privata, Italia.

Letteratura: B. Nicolson, The International Caravaggesque Movement, Ed. 1979, nr. 1124, publicato.

Nota: L'autore di questo impressionante dipinto, R. Van Adelo, è conosciuto proprio grazie alla firma presente sull'opera, infatti il suo nome di battesimo non è conosciuto. L'altra opera realizzata da quest'autore reca la firma in monogramma (R.v.A.) e la datazione al 1628, mentre un'altra ha solo la datazione (1620) e non la firma completa. Il corpus delle opere certamente realizzate da R. Van Adelo è, dunque, composto unicamente da tre dipinti, tutti di livello altissimo. Questo trio di opere ha una forte impronta caravaggista, in linea col dialetto stilistico che questa corrente aveva adottato ad Utrecht durante la prima metà del XVII secolo. Nonostante le ricerche d'archivo non abbiano ancora portato frutti, è unanimamente accettato che van Adelo dovesse essere un'artista operante in questa città.
Tutti e tre i dipinti hanno dimensioni piuttosto estese, ma il soggetto non è sempre di facile lettura. Nel caso del dipinto solamente datato, ad esempio, un uomo col turbante (un esattore?) è intento a discutere animatamente con una serie di altri personaggi. Il modello pare essere lo stesso utilizzato per raffigurare il Faraone nel nostro dipinto. Un'altra figura, invece, è speculare all'intendente collocato in basso a sinistra nel nostro dipinto, con il braccio posto a spigolo e la mano appoggiata sull'anca. Anche le figure sullo sfondo hanno un trattazione pittorica identica nei due dipinti.
Strette coincidenze stilistico-compositive ricorrono anche con l'altro dipinto, monogrammato e datato 1628, raffigurante "La Predica del Battista", dove un confronto palmare consente di riscontrare un'identica gestione degli spazi, degli schemi dei panneggi e delle pose dei protagonisti.
Ulteriori confronti utili a codificare questa figura artistica sono forniti dai due principali attori sulla scena del Caravaggismo di Utrecht, cioè Gherrit van Honthorst e Dirk van Baburen. Il primo ha lavorato ad Utrecht dal 1620 al 1628, dopo un lungo viaggio d'esperienza nella roma di Caravaggio, mentre il secondo ha lavorato otto anni nella Penisola, facendo ritorno ad Utrecth nel 1621 e morendovi nel 1624.
Nel nostro dipinto le figure paiono fortemente influenzate da più di un'opera del Baburen e appare anche evidente un debito compositivo col "Solone e Creso" di van Honthorst realizzato nel 1624 (Hamburger Kunsthalle), nel quale Creso indossa un vestito drappeggiato in maniera molto simile a quella del Faraone e nel quale è pure presente una figura a mezzobusto spiccatamente scorciata. Inoltre, pare utile notare anche alcune reminescenze dall'imprescindibile grammatica figurativa di Abraham Bloemaert.
La scena rappresentata è quella tratta dalla storia biblica di Giuseppe, venduto dai suoi fratelli a dei mercanti egizi e poi, attraverso una serie di episodi, divenuto Gran Visir del Faraone stesso in funzione del suo dono di saper interpretare correttamente i sogni premonitori. Il momento scelto è proprio quello in cui "Faraone" chiama al suo cospetto il cencioso Giuseppe, portato a corte dal funzionario Putifarre e nel quale il giovane eroe biblico spiega il significato dei sogni delle vacche grasse e delle vacche magre, nonchè quello delle spighe rigogliose e di quelle rinsecchite. Tutt'attorno, la corte commenta i fatti ed uno scriba (l'uomo di spalle con in mano il registro) annota la spiegazione di Giuseppe. I costumi, secondo una tradizione consueta nella pittura antica, sono un misto tra invenzioni di sapore teatrale-antichizzante ed alcuni particolari realistico-contemporanei.
Qualitativamente parlando, l'opera (una volta facente parte del Wallraf Richartz Museum di Colonia) è un unicum, in quanto, come sopra spiegato, le opere certe dell'autore sono pochissime e questa grande tela è il caposaldo fondamentale per la ricostruzione dell'operato artistico di una personalità altrimenti sconosciuta. Il livello esecutivo è tale da lasciar intuire un maestro assolutamente in grado di rapportarsi col più famoso Dirk van Baburen: l'uso della pennellata luminosa e materica al tempo stesso, le grandi pause compositive, i pentimenti in corso d'opera alternati ad una lampante maestria coloristica fanno del dipinto un perfetto esempio di cosa era in grado di creare il Caravaggismo ad Utrecht al suo massimo grado di perfezione, giusto un istante prima della sua naturale evoluzione verso il Classicismo Olandese.

 
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