Keuninck Kerstiaen De - Galleria Luigi Caretto

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Keuninck Kerstiaen De

Quadri mostra
 
 

De Keuninck, Kerstiaen

"Paesaggio con il Monte Sinai"
Olio su tavola cm 75,1 x 106,7
Opera databile 1610 ca.

 
 
 
Paesaggio con il Monte Sinai
 


Keuninck Kerstiaen De (Courtrai 1560ca-Anversa 1632)
Arcaico paesaggista di Anversa nello stile di T.Verhaecht e R.Savery. Dipinse preferibilmente paesaggi montuosi boscosi con grandi  piante, vallate talvolta animate da piccole figure Bibliche in primo piano. Sua caratteristica è la lumeggiatura che nel paesaggio ha  una serie di raggi obliqui lucenti  che a loro volta intersecano il cielo creando cosi una atmosfera irreale e fantastica. Rare le sue opere.

Provenienza: Collezione privata, Friuli Venezia Giulia.

Letteratura: W.Stechow, Dutch Landscape Painting of the Seventeenth Century,1968; W.Bernt, Die Niederlandische Maler des 17 Jahrhunderts, 1979, Vol.II,N.662; Y.Thiery, Les Peintres Flamands De Paysage Au XVIIe  Siecle, Des Precurseurs a Rubens, 1987, pag. 35-39; H.Devisscher, Kerstiaen De Keuninck, 1987.

Nota: L'opera gode di una robusta comparazione stilistica con due paesaggi montuosi riprodotti  da Hans Devisscher a pagina 148 e 149 della sua monografia sul Keuninck, databili attorno alla prima decade del XVII secolo, nei quali la costruzione orografica  presenta quelle peculiari soluzioni scenografiche care al paesaggio fiammingo di inizio '600 e tipiche di una certa fase del pittore.
La presenza nei paesaggi arcaici fiamminghi di catene montuose concepite come giganteschi monoliti affastellati  l'uno sull'altro è stato oggetto di speculazioni accademiche fin dagli archetipi forniti dall'arte di Joachim Patinir: il Gibson è stato tra i primi a sostenere che la genesi pittorica di queste concrezioni montagnose sia da ascriversi ad un perduto  prototipo bizantino raffigurante la zona del monastero di Santa Caterina del Sinai, arrivato in Europa attraverso le reinterpretazioni di numerosi artisti. Sarebbe, così, possibile ricostruire l'iter di tale modello attraverso almeno tre stampe: quella  del 1565-66 realizata da Cristoph Von Haimendorf, una seconda (più importante) realizzata nel 1569 da Giovanni Battista Fontana ed una terza del 1587 ad opera di Walter Van Waltersweil. Proprio l’incisione del Fontana pare aver fornito la base  per quelle che, fino ad oggi, erano ritenute le uniche vedute del Monte Sinai realizzate in pittura; ci si riferisce a due paesaggi realizzati da El Greco e conservati rispettivamente al Museo Storico di Creta (datato 1570) ed alla Galleria Estense di  Modena (del 1569). A questo esiguo corpus, va ora ad aggiungersi il dipinto oggetto della nota: dovendosi quasi certamente escludere una derivazione del dipinto fiammingo dai precedenti del maestro greco, l'ipotesi più plausibile è una comune fonte  iconografica da identificarsi proprio con l'incisione di Giovanni Battista Fontana, della quale pare una traduzione speculare. Quando Walter Gibson ipotizzò l'influenza della pittura bizantina sul paesaggio fiammingo non era nota una prova così  stringente quanto il dipinto da noi presentato, che pertanto si caratterizza come un pezzo dalla notevole importanza storica. Dal lato prettamente artistico, invece, è molto affascinante notare come schemi compositivi alquanto distanti nel tempo e  nello spazio si siano ben adattati a questa reinterpretazione del Keuninck anche grazie a quel bisogno di forme stravaganti che permea tutta la pittura fiamminga a cavallo tra '500 e '600.
Osservando l'opera, la cui lettura appare più nitida  dopo il restaturo eseguito, ci appaiono alla vista tre picchi montagnosi che spartiscono la scena in altrettante zone. Lungo la loro superficie si dispongono una serie di piccole costruzioni, da identificarsi con i complessi abbaziali di età medioevale  che costellano la zona del Sinai e che, all'epoca, erano per lo più noti tramite le testimonianze scritte di alcuni viaggiatori. Per esempio, è ben evidente il monastero di Santa Caterina alle pendici del monte centrale, sulla cui cima e raffigurato  Mosè nell'atto di ricevere le tavole della Legge, mentre tutt'attorno si squarciano le nubi per lasciare emergere i lampi della luce divina. Sulla sinistra c'è il Monte Cor, dove Aronne sarebbe sepolto, mentre quello a destra è il Monte Caterina,  sulla cui cima due angeli avrebbero seppellito il corpo della martire paleocristiana. Nel dipinto è possibile scorgere un numero in prossimità di ogni costruzione rappresentata: è probabile che il dipinto fungesse anche da indicazione topografica  delle varie stazioni di pellegrinaggio che ancora oggi è possibile percorrere e che la committenza dell'opera avesse degli scopi di devozione privata, forse in sostituzione di un pellegrinaggio compiuto in Terra Santa. Nella parte bassa, sono presenti  una serie di personaggi vestiti all'orientale e accompagnati da alcuni dromedari stilizzati, indice dell'atmosfera esotica che l'opera vuole evocare. L'allucinante aspetto selvaggio che caratterizza tutto il complesso è una traduzione in forme simboliche  e cristallizzate dei numerosi racconti di viaggio che circolavano in Europa. Margherita di Navarra, per esempio, descrive il Monte Sinai come "aspro, selvaggio, nascosto e quasi inaccessibile", mentre Anselmo Adorno si spinge a dire che il percorso è  così ripido da costringere il viaggiatore a salire a carponi, in atto di prostrazione nei confronti di Dio. Le tante strade che si inerpicano lungo i tre monti, quindi, altro non sono che il frutto di un'immaginazione che spinge all'estremo l'impressione  delle testimonianze. Del tutto nordici, invece, sono i colori freddi e la luce vibrante di cui è permeato il dipinto: quasi fossero delle Dolomiti scaturite da un sogno, le montagne riverberano di tocchi argenetei e dorati, lasciando prosperare tutti'intorno  delle foreste ora fitte ora brulle, donando un fascino allucinato ed estremo ad un dipinto di grande importanza storica.

 
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